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STORIE

La perfezione dei lavori sartoriali con i costi di quelli industriali. Perché bisogna portare le stampanti 3d negli ospedali

01-03-2021

“È così bello lavorare con i giovani: almeno loro sono sempre aperti mentalmente e accettano il cambiamento… anche partecipare all'hackathon mi ha divertito un sacco perché ho potuto frequentare chi mette l'innovazione al primo posto, al centro di tutto”. Il dottor Villiam Dallolio svolge da oltre 40 anni la professione di neurochirurgo. “In pensione non ci saprei stare”, dice ridendo. E così si è fatto promotore di un cambiamento culturale che richiede forza di volontà e tanto ottimismo: portare la tecnologia, in particolare le stampanti 3D, negli ospedali. “Oramai non la considero nemmeno più tecnologia moderna: è dal 1999 che la impiego per la ricostruzione cranica laddove non sia più possibile l'uso dell'osso; nel 2001 ho tenuto anche il primo congresso sul tema”. E infatti il dottore, già proiettato nel futuro, parla con disinvoltura anche di algoritmi predittivi, realtà virtuale e intelligenza artificiale, nemmeno fosse un Ceo della Silicon Valley.



La partecipazione all'Hackaton



Il dottor Dallolio ha partecipato alla terza tappa di Hack for Med Tour, evento eccezionalmente online per via della pandemia, organizzato nel Distretto biomedicale di Mirandola in collaborazione con Fondazione Maverx, portandosi a casa il primo premio con una idea imprenditoriale - ovviamente - innovativa: “Assieme a Massimo Moretti di Wasp, azienda specializzata nella stampa tridimensionale, vorremmo fare una startup che permetta di realizzare in loco, dove serve, la protesi su misura per il cranio del paziente”. L'idea è semplice, eppure a nessuno è mai venuta in mente prima, forse per via di quella resistenza al progresso che Dallolio va combattendo: “In Italia il mercato di riferimento è di circa 2mila protesi craniche l'anno: circa la metà è ancora fatta a mano e questo comporta il rischio per il paziente di dover nuovamente operare. Noi vorremmo portare una stampante 3D in ogni ospedale: si abbattono i costi e si azzera l'eventualità che si debba intervenire nuovamente sul malato”.



Cosa farà la startup immaginata da Dallolio



Una volta a regime la realtà imprenditoriale che Dallolio ha in testa (non la prima, per il dottore, che guida già Pro-Mev) sfornerà a ritmo serrato una sorta di protesi sartoriale prêt-à-porter, nel senso che il prodotto sarà realizzato su misura e non industrialmente, ma con la caratteristica non secondaria di essere stampato in loco: “È sufficiente una connessione Internet – illustra il neurochirurgo – per inviarci la Tac: noi sulla base di quella realizziamo il modello virtuale tridimensionale e io, dal mio computer, premendo 'invio' potrò attivare da remoto la stampante 3D presente in ospedale”, che realizzerà una versione 1:1 del modello. “La nostra startup fornirà agli ospedali la formazione necessaria, così come la stampante e soprattutto i materiali, un polimero super resistente e super elastico auto lubrificante, di gran lunga migliore del titanio perché, in caso di urti, assorbe l'impatto come l'osso, spezzandosi se occorre, mentre una placca in metallo resistendo tende a danneggiare il cervello”. Anche la realizzazione della protesi è semplice e veloce: “La stampante in otto – massimo dodici ore crea il prodotto, quindi in 36 – 48 ore si può procedere all'impianto”.



L'importanza dei biomodelli



Non solo: la realtà che ha in mente Dallolio fornirebbe anche quella che il dottore scherzando chiama “una stampante da battaglia, utile cioè a realizzare i biomodelli”, ricostruzioni 3D in plastica, creati sulla base di apposite radiografie, degli organi dei pazienti su cui i chirurghi possono fare pratica per studiare il caso concreto e avere davvero chiaro ciò che avranno davanti quando 'apriranno' il malato: “è incredibile che oggi si usino ancora le immagini, che sono bidimensionali” e hanno perciò molti limiti, “nascondendo particolari e ingannando l'occhio”, si sfoga il dottore. “Ma la resistenza al progresso in questo campo è davvero tanta”.



“Potremo portare le protesi 3D anche agli ospedali sotto le bombe”



"Con la nostra startup – argomenta il neurochirurgo che collabora attivamente, portandovi le sue invenzioni, con l'istituto Carlo Besta, sesto miglior ospedale al mondo per la neurologia, primo in Italia, ma anche col Politecnico di Milano, col CNR e col Gaslini di Genova – potremmo inoltre inviare le protesi in tutto il mondo: persino negli ospedali sotto le bombe, dove abbondano traumi di questo tipo e nessun corriere si sognerebbe di recapitarle: basta una stampante 3D connessa alla Rete”. Dallolio ha già contatti con chirurghi siriani: “Andremmo incontro alle esigenze dei Paesi in via di sviluppo oppure nel dramma della guerra. Attualmente questa tecnologia è fruibile solo nelle nazioni benestanti: noi potremmo allargare la platea. Anche per questo spero che la vittoria di questo hackathon ci porti fortuna e i mentor ci aiutino a sviluppare la nostra startup”.




Intervista di Carlo Terzano

Ligure, classe 1985. Laureato in legge, formatosi professionalmente al Master post laurea della Scuola di giornalismo dell’Università milanese Iulm. Giornalista politico ed economico, ha collaborato e collabora anche con Policy Maker, Start Mag, StartupItalia, Radio 24, R101, Formiche, Corriere Innovazione e Lettera43.it.

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