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STORIE

Sensori dentro il corpo: la medicina tra uomo e macchina

19-03-2021
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Termometri, ossimetri, misuratori della pressione o del glucosio. Sono dispositivi con cui abbiamo una certa familiarità. Ma se pensassimo a un piccolo chip impiantato dentro il nostro corpo, la parola sensore acquisirebbe un sapore di fantascienza.

La medicina del futuro nutre un grande interesse nei confronti dei sensori. Si tratta di strumenti in grado di rivelare specifici processi biologici, chimici o fisici. Quando sono introdotti all’interno del nostro corpo, possono analizzare nel dettaglio anche un singolo organo o un tessuto. E soprattutto possono trasmettere e segnalare dati.

Già oggi esistono sul mercato sistemi di interfaccia cervello – computer o da adattare nelle protesi degli arti. Ad esempio, una pellicola di grafene flessibile è la componente chiave di un sensore deformabile capace di rilevare il movimento umano.

I sensori biologici sono sensibili a molecole presenti normalmente nel corpo, come ormoni, neurotramettitori e altri metaboliti. Spesso sfruttano i fluidi corporei (lacrime, salive e sudore) per rilevare la presenza di biomarcatori. Un prodotto del nostro corpo molto promettente da analizzare è il sudore: è ricco di numerosi metaboliti e la sua composizione varia in risposta alle condizioni di salute, stress e della dieta.

Infine ci sono sensori al servizio della medicina. Sono capaci di rilevare e monitorare sostanze farmacologiche e artificiali. Oppure sono dei veri e propri lab-on – a chip, laboratori miniaturizzati in grado di processare campioni biologici e restituire i risultati delle analisi.

L’applicazione di tali dispositivi potrebbe assicurare il rilascio di farmaci on demand: al momento giusto, nella quantità più opportuna e nella posizione più appropriata.

Secondo il report Sensors: technologies and global market 2020, il mercato globale dei sensori dovrebbe crescere con un tasso pari al 20% nel giro di cinque anni. Dai 194 miliardi di dollari del 2020 potrebbe arrivare a 333 miliardi entro il 2025. Ciò dimostra l’interesse nei confronti di tale tecnologia.



Perché i sensori sono così importanti per la medicina?



La medicina di precisione è già qualcosa di reale: ad esempio, rappresenta un approccio all’avanguardia per la cura dei tumori. Le analisi di tipo genetico permettono di identificare le caratteristiche di un paziente. L’espressione o la mutazione di certi geni costituiscono indizi importanti per offrire una terapia mirata.

Ma con il tempo la precisione in medicina potrebbe trasformarsi in personalizzazione. Un paziente non è solo il suo codice genetico. Anche lo stile di vita ha un impatto sulla salute. Quindi il monitoraggio delle abitudini quotidiane potrebbe costituire un dato importante.

Inoltre, il nostro corpo non è qualcosa di statico. Le sue condizioni variano in tempo reale. Ad esempio anche in risposta a una terapia farmacologica, che potrebbe essere calibrata sulla base delle reazioni corporee.

Ecco perché una sempre maggiore personalizzazione della medicina di precisione potrebbe essere di grande utilità per prevenire, diagnosticare, monitorare e trattare accuratamente una malattia.

Infine ci troviamo di fronte a una popolazione che invecchia. Secondo le previsioni Istat, intorno al 2050, il 34% della popolazione italiana avrà più di 65 anni. La telemedicina potrebbe essere la soluzione per seguire persone anziane o affette da malattie croniche. Permette di eliminare le barriere di distanza, di tempo e di costi per l'accesso alle cure. Ma richiede un monitoraggio costante e da remoto. Un’esigenza a cui potrebbero rispondere proprio i sensori.

I sensori possono aiutare medici e pazienti ad analizzare in modo costante e a prendere decisioni informate riguardo a eventuali trattamenti. A condizione che vengano indossati.



Sensori impercettibili da inserire nel nostro corpo



Dato che sono al servizio del medico i sensori devono essere affidabili, di lunga durata e sensibili. Dotati di alte prestazioni, devono dimostrare grande versatilità. È necessaria l’estensione dei parametri misurati con un unico dispositivo per avere un’informazione sullo stato del paziente più ampia e completa.

Infine occorre rendere i sensori indipendenti da sostanze traccianti da introdurre nel corpo, reattivi chimici o soluzioni di lavaggio. L’uso di reagenti è costoso, richiede tempo e aggiunge complessità al sistema.

Poi, dato che il paziente deve indossare i dispositivi senza accorgersene, sono indispensabili miniaturizzazione, biocompatibilità e biodegradabilità perché possano integrarsi con i nostri tessuti.

La ricerca si concentra sulla sostituzione dei materiali rigidi con qualcosa di elastico, che possa essere ridotto in lamine sottili e perfettamente compatibili con i tessuti umani.

Inoltre sta esplorando nuovi sistemi per monitorare in modo continuo parametri e molecole fisiologiche o farmacologiche. Infatti è necessario assicurare una più raffinata selettività e sensibilità nei confronti delle sostanze da monitorare.



Le tecnologie che abbiamo a disposizione



I materiali utilizzati per fabbricare sensori sono a base di carbonio, materiali metallici e materiali polimerici. I nanomateriali funzionalizzati come nanotubi di carbonio, grafite o grafene sono diventati componenti chiave degli elettrodi biocompatibili ed estensibili. Forniscono proprietà meccaniche e di adesione ai substrati più raffinate rispetto a altri materiali. Inoltre assicurano alta sensibilità e selettività, risposta rapida ed eccellente durata nei mezzi biologici.

I sensori possono essere associati anche a molecole biologiche capaci di legare sostanze presenti nel corpo e cambiare struttura in seguito al legame.

Varie tecniche di stampa hanno permesso di realizzare sensori sempre più piccoli e adatti a interagire con il nostro corpo. Tecniche diverse garantiscono la produzione di sensori dotati di sottigliezza, leggerezza e flessibilità. Inoltre la stampa consente una grande versatilità nelle materie prime che possono essere lavorate per formare i sensori.

Tra tutte le tecniche la più diffusa è la stampa 3D per la sostenibilità economica, scarso rischio, semplicità e adattabilità della struttura del sensore. È ottima per i prototipi mentre è scarsa nel garantire l’accurata deposizione dei nanomateriali. Per questi ultimi si è rivelata molto più efficace l’inkjet print.



Le sfide del futuro prossimo



Malgrado le tecniche di stampa siano in rapido sviluppo, ancora c’è molto lavoro da fare per aumentarne la qualità. Serve maggior integrazione tra diverse tecniche per poter espandere l’utilizzo dei materiali. Le tecniche di stampa devono essere sempre più inclusive nei confronti di nanomateriali e nanoparticelle che aprono la strada a sensori più sensibili e flessibili.

La ricerca sta cercando di sviluppare una tecnologia elettronica flessibile, capace di autoalimentarsi per fornire maggiore autonomia e efficienza energetica. I dispositivi devono poter trasmettere i dati raccolti in tempo reale in modalità wireless. È anche un problema di integrazione di antenne in un ambiente corporeo.

La sfida finale è rendere tutte le componenti miniaturizzate, per assicurare la continuità nel monitoraggio. Sarà sufficiente rendere i dispositivi piccoli e poco invasivi affinché siano tollerati dal paziente? Sarà fondamentale un attento studio sull’usabilità dei sensori. La ricerca dovrà realizzare materiali sempre più integrati con il corpo, trasparenti e resistenti all’acqua. Ma tanto conterà anche la comunicazione se saprà mettere in evidenza tutti i benefici dell’interazione tra uomo e macchina.




Approfondimento di Giulia Annovi

Giulia Annovi ha un dottorato in biologia molecolare e rigenerativa. Ha studiato presso il master di giornalismo scientifico digitale della SISSA di Trieste. Scrive di medicina e innovazione e del delicato rapporto tra salute e ambiente. Con Il Pensiero scientifico editore ho pubblicato il libro "Nelle reti".

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