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STORIE

Esiste una rete capace di sostenere il business delle tecnologie mediche?

18-06-2021

Le tecnologie mediche hanno bisogno di un ambiente adeguato a sostenere il loro sviluppo e ad assicurare innovazione. Patrizio Armeni suggerisce la strada per costruire questa rete di sostegno in Italia

La capacità di fare rete è utile per identificare e risolvere bisogni comuni, generalmente ancora insoddisfatti. Può anche concorrere all’individuazione e all’adozione delle tecnologie che meglio rispondono alle esigenze del sistema sanitario.  È una fucina di idee, un crocevia di scambi, un luogo dove si crea la cultura necessaria perché l’innovazione sia compresa e arrivi dove c’è bisogno. La rete è anche un’opportunità per trovare fondi capaci di trasformare le idee in prodotti supportati da business model sostenibili. 

Europa e Stati Uniti hanno certamente un diverso approccio quando si parla della capacità di fare network. Tante sono le occasioni del Nuovo Mondo, più scarse sono quelle del Vecchio Continente. Infatti, se confrontiamo le possibilità di incontro per il settore delle tecnologie mediche, scopriamo che la maggior parte degli incontri degli ultimi tre anni sono avvenuti nell’area statunitense.

Visualizza il grafico: https://www.datawrapper.de/_/p0Hnl/



Le differenze tra USA e Europa



“La grossa differenza tra il sistema europeo e quello statunitense non risiede solo nella quantità di eventi”, ha spiegato Patrizio Armeni, Associate Professor of Practice di Health Economics and HTA presso l’Università Bocconi. 

Ciò che caratterizza gli Stati Uniti è la continuità diretta tra produzione di conoscenza scientifica e tecnologica presso i campus universitari, startup e investitori che diano a queste startup lo slancio per diventare realtà di impresa vincenti. La chiave di questa escalation sta anche nella investimenti, con cifre per noi inimmaginabili”. 

Le carenze del sistema sono molto presenti in Italia e (anche se un po’ meno) in Europa. “Nel nostro Paese le idee ci sono. Lo dimostra il fatto che ci posizioniamo bene per quanto riguarda il numero di brevetti prodotti”.

Siamo poco al di sopra della mediana per quanto riguarda il Triadic Patent Family, un indice che misura il numero di brevetti registrati sia mercato europeo sia americano sia asiatico.

Visualizza il grafico: https://www.datawrapper.de/_/m7QwB/



“Ma su tutto il percorso che porta questa idea a diventare un business e poi a diffondersi nell’utilizzo pratico del prodotto, lì troviamo dei gap. La difficoltà sta nella trasformazione di un’idea verso la realizzazione di un prodotto concreto. E non è solo una questione di soldi, ma anche culturale, e mi riferisco in particolare alla capacità di comprendere l’innovazione e il suo potenziale impatto di business sufficientemente in anticipo”. 



Un modello per spronare il networking in Europa



Come aiutare l’Italia a colmare il ritardo rispetto al sistema americano?

Ci hanno pensato presso l’Università Bocconi, dove all’inizio di quest’anno è nato il LIFT Lab.

“Abbiamo importato idee e persone dall’America e le abbiamo fuse con la profonda conoscenza del sistema-Italia, senza quindi l’ambizione di scimmiottare il modello statunitense, che non si può ricostruire dal nulla”.

Il Lift Lab è diretto da Anna Gatti, angel investor della Silicon Valley, oltre che startupper e top manager di molte high-tech company (tra cui Google). Anna Gatti è rientrata nel suo Paese natale per dare il suo contributo alla creazione di una rete di valore sul territorio italiano. 

Il nostro primo obiettivo è produrre conoscenza e cultura”, continua a spiegare Armeni.  “Per raggiungere tale obiettivo abbiamo riunito intorno a un tavolo diversi attori. Tra i founding member del LIFT Lab ci sono esponenti dell’industria del medtech, del farmaco, ci sono investitori, ospedali d’eccellenza… 

Di fatto, abbiamo cercato di tessere una rete che in parte conosce il mondo degli Stati Uniti, in parte produce e diffonde innovazione nel nostro territorio. E tale rete è messa in grado di amplificare il supporto all’innovazione attraverso una maggiore conoscenza e una cultura condivisa. 

Secondo noi, l’unico modo per risolvere il gap è fare in modo che questi attori che non si sono mai parlati, si parlino davvero”.



Creare un sistema di idee



Ma non è solo questione di costruire una rete che colleghi i vari attori. “Con Lift Lab vogliamo creare nel nostro paese le condizioni culturali. Solo queste ci permetteranno di passare da un sistema con tante idee sparse e non connesse, a un sistema dove un’idea segue un filo che la porta a diventare una realtà imprenditoriale. 

Più in generale, con il LIFT Lab vogliamo far sì che l’innovazione nata dalla convergenza tra life science e tecnologie digitali sia meglio compresa nelle sue opportunità, e valutata in funzione della sua capacità arrivare sul mercato, evitando i rischi del seguire acriticamente mode e “bolle” di aspettative”. 

Mettere ordine nella conoscenza significa anche mappare ciò che è già presente sul radar dell’innovazione. “E infatti presso Lift Lab abbiamo un sistema di mappatura delle tecnologie emergenti in ambito life science. Cerchiamo di segnalare quali sono e quanto sono pronte ad arrivare sul mercato le soluzioni portate dalle tecnologie di frontiera. Sono tecnologie sulle quali qualcuno sta già scommettendo del denaro ma che non sono ancora diffusamente applicate. Partendo da questo quadro, ciascun attore della rete è messo nelle condizioni di decidere se essere uno sviluppatore, un distributore o un investitore pionieristico in Europa oppure no”. 

Il networking creato da Lift Lab si popone quindi di creare e diffondere conoscenza.

“C’è ancora tanta confusione nella definizione dell’innovazione sullo stato delle tecnologie  nate dalla convergenza tra life science e mondo digitale. E dove c’è confusione c’è anche dispersione di azione. In parte la dispersione viene risolta grazie alcuni player che trovano presso di noi, e lavorando insieme a noi, gli strumenti per giudicare e capire. Il Lift Lab vuole essere, quindi, un facilitatore di questo sistema di business”. 



Rapporti duraturi



Quello che rende forte il sistema di networking americano è anche la prossimità geografica. 

Le idee che fioriscono nel campus, spesso continuano a crescere nella stessa zona. È così che si sono creati poli della conoscenza e dell’innovazione. 

“Mantenere il legame con il territorio significa creare una comunità che si riconosce, che evolve nel tempo e che è in grado di diversificare il proprio business”. 

Il Lift lab nasce anche con l’idea di veicolare interesse nel mercato. E la comunità attorno a questo laboratorio è ancora in fase di consolidamento. È una rete aperta, pronta a legare nuovi nodi.





Approfondimento di Giulia Annovi

Giulia Annovi ha un dottorato in biologia molecolare e rigenerativa. Ha studiato presso il master di giornalismo scientifico digitale della SISSA di Trieste. Scrive di medicina e innovazione e del delicato rapporto tra salute e ambiente. Con Il Pensiero scientifico editore ho pubblicato il libro "Nelle reti".

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